venerdì 29 aprile 2011

Pierpaolo Pasolini, "Corriere della Sera", 9 dicembre 1973)

CORRIERE DELLA SERA.it

(Pierpaolo Pasolini, "Corriere della Sera", 9 dicembre 1973)

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l'adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L'abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la "tolleranza" della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all'organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d'informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d'informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l'intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè - come dicevo - i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un "uomo che consuma", ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. L'antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l'unico fenomeno culturale che "omologava" gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale "omologatore" che è l'edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c'è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s'intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo?

No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d'animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i "figli di papà", i piccoli borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l'hanno completamente perduto), e il nuovo modello che cercano di imitare non prevede l'analfabetismo e la rozzezza. I ragazzi sottoproletari - umiliati - cancellano nella loro carta d'identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di "studente". Naturalmente, da quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito acquisito per mimesi). Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese, nell'adeguarsi al modello "televisivo" - che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale - diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio "uomo" che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto "mezzo tecnico", ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre.

(Pierpaolo Pasolini, "Corriere della Sera", 9 dicembre 1973)

pier paolo pasolini " Ragazzi di vita"

romanzo di Pier Paolo Pasolini

pubblicato nel 1955

Autore

Nato a Bologna nel 1922, dopo la laurea con una tesi su Pascoli, esercita l’insegnamento nei primi anni dopo la guerra in Friuli, dove incomincia a scrivere poesie in friulano e i primi romanzi.

Nel 1950 viene accusato di corruzione di minori ed espulso dal Partito Comunista. Si trasferisce a Roma, dove incontra la realtà delle borgate. Proprio la pubblicazione di Ragazzi di vita nel 1955 gli dà notorietà. Egli anni seguenti sceneggia Le notti di Cabiria di Fellini e pubblica un altro romanzo sulla vita delle borgate romane, Una vita violenta, nel 1959. Negli anni sessanta diventerà un famoso cineasta (per Pasolini la forma linguistica comune era il cinema, non l’italiano) e scriverà sei tragedie di impianto classico. Diventa anche affermato opinionista (famoso il suo articolo in cui diceva di preferire le forse dell’ordine rispetto ai manifestanti sessantottini, perché provenivano dalle file della plebe, e i secondi dall borghesia). Nel 1975 viene però assassinato in circostanze misteriose nella zona dell’Idroscalo di Ostia.

Riassunto

Capitolo 1 – Il Ferrobedò

Mentre Roma è ancora occupata dai tedeschi, Ricetto e Marcello, poco più che bambini, si danno ai furti di rottami, saccheggiando una fabbrica distrutta dalle bombe. Nei giorni seguenti si recano a Ostia, poi al Tevere a fare il bagno. Compiono altri furtarelli, e alla fine perdono quei pochi soldi racimolati giocando a carte. Si dirigono poi ancora al fiume Tevere, dove, con una piccola barca, si avventurano lungo il fiume. Altri ragazzi li raggiungono a nuoto. Ricetto salva una rondine, caduta in acqua, che sta per affogare.

Capitolo 2 - Il Riccetto

Ricetto impara da un ragazzo napoletano a truffare i passanti con il gioco delle tre carte, poi, però, si fa fregare tutti i soldi guadagnati da una prostituta. Nel frattempo crollano le scuole dove stava dimorando, travolgendo sua madre e il suo amico Marcello.

Capitolo 3 – Nottata a Villa Borghese

Ricetto e Caciotta vivono di espedienti, mangiano alla mensa dei frati, fino a quando non rubano un portafoglio ad una signora.

Capitolo 4 – Le notti calde

Amerigo, un amico grande e grosso di Caciotta, convince anche Ricetto a giocare tutti i soldi in una bisca clandestina e li perde tutti. Oltretutto, arrivano i carabinieri e Ricetto fa appena in tempo a non farsi vedere. Caciotta, invece, va in prigione, Amerigo scappa, fa resistenza alle forze dell’ordine e una volta acciuffato, si getta da una finestra per scappare ancora e, dopo pochi giorni, muore atrocemente. Alduccio avvisa Ricetto della morte di Amerigo. Ricetto partecipa con noia ai funerali, insieme al suo nuovo amico di accattonaggio, il Lenzetta.

Capitolo 5 – Il bagno sull’Aniene

Nuovi episodi di accattonaggio: Ricetto rovista nella spazzatura, fa piccoli furtarelli e passa tre anni in prigione nel carcere minorile di Porta Portese (ellisse). Di notte aiuta Sor Antonio a rubare dei cavolfiori, poi gli lascia i pochi soldi che ha e diventa moroso di una delle sue figlie, ma il rapporto non va al di là di un po’ di sesso consumato insieme.

Capitolo 6 – Dentro Roma

Dopo tre anni di carcere (altra ellisse) il Ricetto torna dai suoi amici, a fare un bagno nell’Aniene. Il Caciotta, che nel frattempo è ingrassato parecchio, ha paura, non fa il bagno e poi scopre di essere stato derubato. I cani inseguono i ragazzi, poi si mettono a lottare fra di loro. Subito dopo i ragazzi incominciano a lottare tra di loro proprio come i cani (con un evidente raffronto uomo-animale). Piattoletta, ragazzo timido e poco furbo, oltrechè un po’ troppo magro, viene prima costretto dai suoi crudeli compagni a parlare in tedesco, poi legato a un palo e bruciato vivo

Capitolo 7 – La Comare Secca (=la morte)

Alduccio, senza lavoro, ha messo in cinta una ragazza che non lo vuole, che ha il padre ubriaco e la madre isterica. Bugolone, amico di alduccio, talmente ammalato di tubercolosi, che i dottori gli hanno diagnosticato solo un anno di vita, ha una madre fanatica, che vede diavoli e fantasmi di parenti morti nel letto di notte. Alduccio e Bugulone hanno talmente tanta voglia di fare l’amore e sono tanto squattrinati che alla fine vanno con un omosessuale. Ricetto li accompagna in una grotta al fine di rivedere i luoghi della sua fanciullezza. Alduccio va poi in un bordello, ma non riesce a fare all’amore per la debolezza fisica. La madre di Alduccio, quando lui torna a casa, lo rimprovera perché non lavora e lui, per tutta risposta, la ferisce con un coltello e lei non lo denuncia.

Capitolo 8

Genesio, insieme con i suoi fratelli minori Mariuccio e Borgoantico e con il cane Fido, scappa di casa, ricercato dai carabinieri, e va al fiume Aniene, dove muore affogato, nel tentativo di riattraversarlo a nuoto, sotto lo sguardo impotente di tutti, anche di Ricetto.

Personaggi

È la storia della giovinezza di Ricetto (dai dieci ai vent’anni). Ricetto è un ragazzo di borgata. Tuttavia, a differenza di Una vita violenta in cui sarà più evidente la centralità del protagonista Tommaso e il filo conduttore dell’intreccio, in Ragazzi di vita Pasolini vuole soprattutto descrivere un mondo, pertanto i personaggi e le situazioni si accavallano con minore organicità.

Narratore

Il narratore è esterno, ma non impersonale, come nei romanzi veristi. Egli infatti è commosso spettatore, proiezione di Pasolini stesso, che soffre con il protagonista. Il dolore è infatti ciò che connota il legame di Pasolini con la realtà.

Tempi

L’arco di tempo va dal 1944 al 1954 e corrisponde alla giovinezza di Ricetto. Sono presenti pause, scene ed ellissi.

Spazi

Ovviamente in questo romanzo prevalgono gli spazi aperti, anche perché le baracche a Ricetto e ai suoi amici servono a malapena per dormire, e neanche per mangiare. Lo scenario è quello delle periferie romane con strade, salite, viottoli e abitazioni piuttosto squallide. Il fiume (l’Aniene, per esempio) è, invece, luogo benevolo, dove si costruiscono le avventure dei ragazzi e si sfoga il loro desiderio di libertà. Anche se, bisogna dire, può essere anche luogo di morte.

Stile

Il lessico di Pasolini è decisamente condizionato dal dialetto romanesco, e tocca in più punti il turpiloquio (paraculo, ecc…).

Tematiche

La cosa drammatica che connota la vita di questi ragazzi è che ogni fatto non ha una continuazione, non si proietta verso il futuro, ma si consuma nel momento stesso in cui è vissuto e trova lì tutto il suo significato (se pure esiste un significato). Di fatto la cosa potrebbe anche non essere così tragica. In quegli stessi anni, negli U.S.A., c’è chi fa dell’esistenza alla giornata la propria filosofia di vita: è la cosiddetta generazione on the road descritta nel romanzo Sulla strada di Jack Kerouac. Negli Stati Uniti, però, questo avviene per una scelta, mentre i protagonisti di Ragazzi di vita sono costretti a vivere così, perché non ci sono alternative, che possano rendere la loro esistenza meno precaria.

Il lavoro non esiste, ci sono solo stratagemmi (piccole truffe, ruberie), mentre i protagonisti vedono il lavoro, quello vero, come una gabbia, che contrasta il loro modo di vivere senza prospettive, senza provvidenza, senza futuro e senza progetti. Il loro stile di vita è quello dell’accattonaggio. Questo romanzo e il seguente Una vita violenta (1959) ispireranno il primo film di Pasolini L’accattone (1961).

Il sesso è animalesco: bisogna fare all’amore per sfogare un istinto. Non importa con chi lo si fa (generalmente con prostitute, talvolta con omosessuali). Questi ragazzi non sanno cos’è l’amore, né cos’è un rapporto di fidanzamento.

Un altro riferimento letterario che sorge spontaneo è quello ai romanzi picareschi del seicento spagnolo (soprattutto nel capitolo 5 – Le notti calde)

Libri

giovedì 28 aprile 2011

IGNAZIO SILONE

Ignazio Silone

Pseudonimo di Secondino Tranquilli, Ignazio Silone nasce a Pescina, in provincia dell'Aquila, il 1° maggio del 1900, figlio di una tessitrice e di un piccolo proprietario terriero. Qualche anno dopo la morte del padre (1910), egli perde anche un fratello per i postumi di un incidente e la madre nel terremoto che nel gennaio del 1915 distrugge gran parte della Marsica. Rimasto senza genitori e senza casa, va ad abitare con la nonna paterna e col fratello più giovane, Romolo, «nel quartiere più povero e disprezzato» del paese, dove comincia a frequentare la baracca della Lega dei contadini.Nel frattempo riprende gli studi classici interrotti a causa del terremoto. La nonna lo affida al collegio Pio X di Roma, da cui però, in seguito a un tentativo di fuga, viene espulso. Successivamente, per diretto interessamento di don Luigi Orione passa in un convitto di San Remo e poi di Reggio Calabria.

Nel periodo della prima guerra mondiale, precisamente nel 1917, lascia definitivamente la scuola. Prende parte alle proteste contro l'entrata in guerra dell'Italia e viene processato e condannato al pagamento di un'ammenda, per aver capeggiato una violenta manifestazione contro una baracca dei carabinieri di Pescina.

Certamente tra i 17 e i 18 anni, si trasferisce a Roma, ove s'immerge del tutto nella lotta politica. Nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito Comunista Italiano come rappresentante della Gioventù Socialista., perseguitato e ripetutamente sequestrato dalla polizia fascista, è costretto a uscire. Agli inizi di gennaio del 1923, Silone espatria clandestinamente e raggiunge prima Berlino e poi la Spagna.

Nel maggio del 1927 si reca insieme con Togliatti a Mosca, dove partecipa a una riunione dell'Esecutivo dell'Internazionale comunista, presieduta da Stalin.

In questi anni comincia a profilarsi la crisi che in seguito lo condurrà a staccarsi totalmente dal comunismo. Mentre progressivamente si rende conto degli oscuri intrighi della politica staliniana e prende atto di «ambiguità e reticenze» dei suoi compagni di partito di fronte all'Esecutivo di Mosca, si rifugia prima in Francia e poi in Svizzera, dove svolge un'intensa attività come responsabile dell'Ufficio Stampa e propaganda

Nella primavera del 1929, Silone, ammalatosi gravemente a causa di un'affezione di origine tubercolare, chiede di essere esonerato da ogni attività di partito. Ma la sua «crisi di esistenza» è irreversibile.

. Già nel 1930, Silone inizierà a scrivere il suo romanzo più famoso Fontamara, che con gran successo nel 1933 viene pubblicato, prima in tedesco e poi in quasi tutte le altre lingue.

Verso la fine degli anni '30, quando insistenti si fanno le minacce della seconda guerra mondiale, Silone torna all'attività politica, dirigendo in Svizzera il Centro estero del Partito socialista

Il 22 agosto del 1978, dopo una lunga malattia, Ignazio Silone muore in una clinica di Ginevra. Viene sepolto a Pescina, «ai piedi del vecchio campanile di San Bernardo», secondo il desiderio espresso nelle sue disposizioni testamentarie.

Fontamara

Pubblicato nel 1933 a Zurigo in traduzione tedesca, edito in versione definitiva in Italia solo nel 1954 da Mondadori, “Fontamara” è un atto di denuncia dello sfruttamento delle plebi del Meridione da parte della classe dei proprietari agrari. Testimonianza commossa e polemica politica si fondono nella rappresentazione della vita dei cafoni, i contadini abruzzesi, condannati ad una rassegnata miseria in un mondo in cui il sopruso è legge. Nella denuncia di Silone è insita anche la speranza che tra quella gente, vessata da secoli dalle catastrofi naturali come dalle ingiustizie, possa nascere una coscienza sociale. Ad incarnare la rivolta è Berardo Viola, simbolo del conflitto tra emarginati e integrati, vittima sacrificale necessaria per insinuare il dubbio che le cose possano cambiare. Come recita l’introduzione, il racconto è quello di fatti “imprevisti incomprensibili” che si svolsero durante un’estate a Fontamara, “un oscuro luogo di contadini poveri situato nella Marsica, a mezza costa tra le colline e la montagna”, un anno prima della pubblicazione del libro. La corrente elettrica se n’era andata dal paese – una delle cose che i piemontesi avevano portato e ora riportato via, pensarono i cafoni – perché i fontamaresi non la pagavano mai e, per di più, l’esattore comunale non si era nemmeno presentato, quell’anno. Era, invece, arrivato su una bicicletta il Cavalier Pelino, rappresentante del Governo, che i cafoni sbeffeggiarono pensando annunciasse una nuova tassa. C’era poi il problema dell’acqua del ruscello necessaria per irrigare i campi e che il nuovo podestà, Don Carlo Magna, aveva fatto deviare per le proprie terre. Ne seguirono zuffe e proteste dei fontamaresi, che si guadagnarono così la fama d’agitatori. A dirimere la questione giunse Innocenzo La Legge, che inasprì il malcontento finché i contadini non furono convocati ad Avezzano, per sentire le risoluzioni del Governo sulla questione dell’acqua. Intanto, era arrivato in paese anche il Solito Sconosciuto, un misterioso personaggio che denunciava le ingiustizie sul “primo giornale dei cafoni”. Berardo Viola, contadino rimasto senza terra, era il più impetuoso dei rivoltosi e fu quello che pagò con la vita: quando il caso di Fontamara fu risolto, a Roma fu trovato morto, in una cella della prigione. A Fontamara, appresa la notizia, i cafoni si chiesero: “che fare?”; e, anche dopo la guerra, i pochi superstiti scappati all’estero continuarono a chiedersi: “che fare?”.

RIASSUNTO:

Questo libro racconta le vicende della popolazione di Fontamara, un piccolo e povero paese della Marsica.

Anche se il narratore è uno per ogni fatto raccontato, esso rappresenta l’intera popolazione, in quanto i contadini di Fontamara vivevano più o meno tutti nelle stesse condizioni sia economicamente sia culturalmente critiche.

Vengono narrati in prima persona tutti i soprusi subiti dalla massa contadina da parte dei ricchi che li raggiravano spesso e volentieri illudendoli con improbabili accordi. Gli abitanti di Fontamara però se ne rendevano conto sempre troppo tardi causa la loro ignoranza.

A partire da giugno del 1929 nel paese avvengono strani cambiamenti che mettono in preoccupazione tutti gli abitanti. Una mattina al paese non arriva più l’elettricità. Sperando di rimediare a questa “fatalità” ogni contadino firma una misteriosa “carta bianca” che, con il passare delle pagine, si scoprirà l’autorizzazione a togliere l’acqua per l’irrigazione portandola ad irrigare i possedimenti dell’Impresario, un “galantuomo” che divenne sindaco del capoluogo. Egli era un imprenditore appoggiato dal “regime di Roma”. Capito l’inganno i fontamaresi si recano a casa dell’Impresario, dove tentano di convincerlo a ridare loro l’acqua, perché essa era un bene indispensabile per la loro sopravvivenza. Essi però ottengono solo altri inganni che li lasciano senz’acqua e portano alla riduzione del loro salario. Dai soprusi ottenuti con le parole, si passò poi ai soprusi fisici (violente incursioni). Allora uno di loro, Berardo Viola, l’uomo più forte e robusto, decise di reagire tentando di trovare maggior fortuna fuori dal paese. Durante il viaggio verso il capoluogo egli si rende conto che, al di fuori di Fontamara, sono cambiate molte cose. Quando ormai è evidente il fallimento di Berardo, egli viene a conoscenza della morte di Elvira, la sua amata che egli avrebbe dovuto sposare non appena tornato dal suo “viaggio in cerca di lavoro”. Allora Berardo si convince che per lui la vita non ha più senso. Durante uno dei suoi tanti spostamenti però avviene una svolta: incontra un partigiano che lo mette al corrente dell’avvento del fascismo e di molti altri cambiamenti avvenuti in Italia e sconosciuti da tutti i fontamaresi. L’incontro a Roma con l’Avvezzanese (il partigiano), gli apre gli occhi sulla realtà che tutti stanno vivendo.

I due vengono arrestati per un equivoco e nel periodo in cui sono costretti alla convivenza in cella, il contadino sviluppa una notevole maturazione politica. Questo suo nuovo impegno morale lo porta ad autoaccusarsi di essere il “Solito Sconosciuto”, ossia un sostenitore attivo della resistenza. Dopo questa falsa testimonianza egli viene torturato perché riveli i nomi dei suoi complici fino all’atroce e ingiusta morte. Venuti a conoscenza del fatto i fontamaresi fondano il “Che fare?”, un giornale in cui scrivono degli ingiusti soprusi subiti e della ingiusta morte del loro compaesano. La conclusione è tragica in quanto il regime decide di punire tutti i fontamaresi mandando una squadra della Milizia che fece strage di abitanti. Per fortuna però non tutti morirono, ma qualcuno (tra i quali anche i vari narratori) trovò la salvezza nella fuga verso la montagna.

PERSONAGGI:

NARRATORI: sono i membri di una famiglia di Fontamara (il padre Giuvà, la madre Matalè e il loro figlio) e rappresentano la massa contadina narrata in questo romanzo. Essi raccontano sempre gli avvenimenti secondo il loro punto di vista, alternandosi tra loro in base a chi fosse stato il protagonista dei fatti narrati.

L’IMPRESARIO: è un imprenditore proveniente da Roma che riuscì a diventare podestà, cioè sindaco del capoluogo. Egli si accanisce soprattutto contro i fontamaresi perché essi intralciano i suoi progetti cercando semplicemente di rivendicare i loro diritti calpestati più volte dal “gentiluomo”.

BERARDO VIOLA: è l’unico fontamarese che cerca di reagire attivamente alla critica situazione in cui il suo povero paese si viene a trovare causa i soprusi dei “gentiluomini”. Egli è forse l’unico che riesce ad emergere dalla massa inattiva formata dai contadini ed è anche l’unico che compie un processo di miglioramento con il passare delle pagine e con il relativo avanzare delle situazioni della vita complicata che egli è costretto a vivere.

ELVIRA: è molto probabilmente la fonte e la causa del miglioramento di Berardo Viola, perché è lei la donna della quale il ragazzo si era innamorato. Il motivo che spinge Berardo a conoscere l’Avezzanese è il destino, ma è a causa della morte della fanciulla (peraltro sua probabile futura sposa) che egli decide di cambiare il suo percorso di viaggio. L’Elvira era una ragazza di circa venticinque anni, forse la più bella di tutta Fontamara, talmente bella da avere più di un pretendente.

DON CIRCOSTANZA: è il Ferrer della situazione, in quanto egli finge di voler aiutare i fontamaresi ad uscire dai guai, mentre è lui il primo ad ingannarli con improbabili e impossibili accordi che portano sempre ad un vantaggio economico per i potenti e per se stesso.

SPAZIO Quest’opera è ambientata in un paesino della Marsica, cui l’autore mette il nome di Fontamara. Esso è un minuscolo paesino disperso tra le campagne della Marsica abruzzese, nei pressi dell’ormai prosciugato lago del Fucino, ed isolato sia per quel che riguarda le comunicazioni fisiche (strade, ferrovie, ecc…), sia per quel che riguarda la cultura e la conoscenza generale (politica soprattutto) del mondo esterno alla chiusa e monotona vita paesana.

Verso la fine del romanzo, l’azione si sposta da Fontamara ad Avezzano e a Roma, dove avverrà poi la tragica conclusione del romanzo.

TEMPO La vicenda è ambientata nel XX secolo, infatti, la narrazione parte dal 1 giugno del 1929

STILE

Silone, come ho già accennato precedentemente, utilizza tre diversi narratori in prima persona, e di conseguenza tre diversi punti di vista molto spesso concordanti per quel che riguarda le idee evidenziate. L’autore, infatti, cerca di immedesimarsi nei panni dei tre rappresentanti di una famiglia di Fontamara, padre, madre e figlio, i quali raccontano le proprie esperienze vissute assieme agli altri abitanti del paese. Questo metodo utilizzato dall’autore, gli concede il permesso non di utilizzare il linguaggio popolare, ma di fare una traduzione poco ricercata di esso, per rappresentare meglio la realtà contadina del tempo. Essendo questo romanzo appartenente al genere realisti del ‘900, rispecchia perfettamente le sue caratteristiche principali: si ha una rappresentazione oggettiva e dolorosamente realistica del mondo contadino e dei problemi del Sud.

Sul piano linguistico prevale una costruzione paratattica del periodo con un linguaggio piuttosto semplice e colloquiale che rispecchia l’ignoranza in cui vivono i contadini, mentre i cittadini più istruiti ed importanti si esprimono in una forma più ricercata e arricchita anche da citazioni e vocaboli latini.

TEMATICHE

Il libro Fontamara, scritto nel 1930, è un’alta testimonianza delle disperate condizioni dei contadini abruzzesi sotto la dittatura fascista. In esso, infatti, vengono affrontati il tema dell’avvento del fascismo nell’Italia centro-meridionale e sono descritte le disumane condizioni dei contadini di quel tempo. Un’altra tematica, che però occupa una posizione marginale nel racconto di Silone, è quella di una storia d’amore di due ragazzi che viene contrastata dagli avvenimenti e dalle varie situazioni della vita.

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Il romanzo narra la storia di un vecchio paese della Marsica, Fontamara, più arretrato e misero degli altri. Esso rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica poiché nessuno pagava e si riabituò al chiaro di luna.

Il giorno dopo, all'alba, le mogli dei contadini si accorsero che un gruppo di operai lavorava per deviare il corso d'acqua con la quale i Fontamaresi irrigavano i campi. Subito i "cafoni" pensarono a una burla, poi le donne andarono verso il capoluogo per parlare col sindaco, ma furono derise dalle guardie.

I carabinieri le accompagnarono poi a casa del Podestà appena eletto, l'impresario. Dopo varie discussioni il segretario del comune decise che tre quarti dell'acqua dovessero andare all'impresario e i tre quarti del rimanente ai Fontamaresi, spiegando come si trattasse di una decisione equa che garantiva a tutti la stessa quantità d'acqua: tre quarti, "cioè un po' più della metà". I cantonieri ripresero i lavori.

Berardo Viola decise di partire e far fortuna in America, ma non poté riuscirci a causa di una nuova legge. Trovò lavoro da bracciante fuori da Fontamara e faticava parecchio.

I rappresentanti dei cafoni della Marsica dovevano essere convocati ad Avezzano per ascoltare le decisioni del nuovo Governo di Roma sulla questione del Fucino.

Un giorno arrivò a Fontamara un camion che, gratis, portava i cafoni ad Avezzano. Salirono tutti sul camion, furono condotti in una grande piazza e successivamente dovettero gridare inni ai podestà mentre la piazza era attraversata da un'automobile, poi potevano tornare a casa.

Intanto nel paese arrivarono dei camion con i militi fascisti che, fatta rincasare la popolazione, portarono via tutte le armi, violentarono le donne, uscirono in piazza e chiesero agli uomini che tornavano dal lavoro circa il Governo, ma nessuno diede risposte soddisfacenti.

I Fontamaresi decisero di chiedere consiglio a Don Circostanza affinché egli trovasse un'occupazione in città per il povero Berardo.

I cantonieri finirono di scavare il nuovo letto per il ruscello e giunse l'ora della spartizione dell'acqua; i Fontamaresi videro che il livello dell'acqua destinata a loro scendeva sempre di più e capirono che sotto vi era l'inganno.

Berardo decise così di partire l'indomani, ma la sua avventura fu sfortunata perché tra tasse, avvocati e inghippi vari rimase senza soldi, senza lavoro e venne incarcerato poiché sospettato di essere il Solito Sconosciuto, un tale che cospirava contro il sistema attraverso la stampa clandestina. Nonostante Berardo fosse innocente, decise di addossarsi la colpa; in seguito verrà ucciso.

La storia giunse a Fontamara e i suoi abitanti decisero di scrivere allora un giornale con gli appunti lasciati dal Solito Sconosciuto e fu intitolato "Che fare?".

L'autore e altri cafoni andarono a distribuirlo negli altri paesi, ma mentre tornavano a Fontamara udirono degli spari. Era la guerra a Fontamara, chi aveva potuto era scappato, gli altri erano morti. Il narratore, il figlio e i pochi cafoni che erano con loro si salvarono nascondendosi nei campi. Non ebbero più notizie di nessuno del paese e vissero all'estero grazie all'aiuto del Solito Sconosciuto, ma non poterono restarci. Dopo tante pene, lutti, ingiustizie, odio, i cafoni superstiti si chiedono sempre: "Che fare?".

Commento

Il narratore è interno e rappresentato da una famiglia di “cafoni”, i cui membri (gli zii di Elvira), che hanno ormai raggiunto in esilio l’autore, si alternano a raccontare, in un lungo flashback, ciascuno le proprie esperienze.

I personaggi

I “cafoni” sono i miseri contadini meridionali proprietari al massimo di un asino o di un mulo, non hanno mezzi per difendersi e vivono in una perpetua ignoranza di cui approfitta persino colui che è considerato “l‘amico del popolo”, Don Circostanza, che rappresenta insieme la difesa e la rovina dei fontamaresi; la loro vita si ripete uguale di generazione in generazione segnata dal lavoro e dalla fatica. Essi sono consapevoli della disperata condizione in cui vivono, come spiegano ad un forestiero.

  • In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa.
  • Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.
  • Poi vengono le guardie del principe.
  • Poi vengono i cani delle guardie del principe.
  • Poi, nulla.
  • Poi, ancora nulla.
  • Poi, sempre nulla.
  • Poi vengono i cafoni.

E si può dire ch’è finito.

Il nome Fontamara racchiude in sé già un destino di sventure e sofferenze. Quasi tutti i nomi dei personaggi del romanzo non sono casuali: Don Circostanza, infatti si adegua alle diverse situazioni tenendo prima la parte dei contadini, quindi quella degli agiati cittadini, cercando sempre un tornaconto personale; Don Abbacchio il prete, richiama il verbo “abbacchiare” infatti egli non farà altro che deprimere i poveri abitanti della Marsica, ignorando persino il suicidio di Teofilo, sacrestano della chiesa di Fontamara; Don Carlo Magna è il ricco proprietario terriero; l'Impresario, il podestà abile a speculare su alcuni terreni acquistati da don Carlo Magna a poco prezzo e sui quali farà deviare l'acqua del ruscello di Fontamara riducendo alla miseria i cafoni; Innocenzo La Legge, il messo incaricato di portare i nuovi ordinamenti dalla città.Berardo Viola, protagonista maschile del romanzo, è l’eroe del paese, violento ma altruista è il primo a sacrificarsi tra i cafoni per il bene della collettività: i cafoni infatti erano stati raggirati di continuo ed ogni appello ai notabili del paese risultava inutile poiché questi difendevano sempre gli interessi del ricco podestà, si ritrovavano così sempre più poveri ma ognuno non aveva pensato che al proprio appezzamento di terra, a se stesso. Attraverso il suo personaggio Silone sembra sottolineare il bisogno che qualcuno muova all’azione, ponga fine alla totale indifferenza dei “cafoni”, sempre più sfruttati e tenuti nell’ignoranza dal nuovo regime che li induce lavorare in modo duro ed estenuante.

I cafoni non avevano mai rappresentato una vera minaccia per i gerarchi della potente città, da cui erano sempre stati osteggiati grazie alla cultura ed all’ingegno ma, nel momento in cui provano anche questi ad avvicinarsi al mondo scritto, sentiti come una forte minaccia vengono rapidamente fatti scomparire.


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mercoledì 27 aprile 2011

ITALO CALVINO IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO

Italo Calvino

Nasce nel 1923 a Santiago de Las Vegas Italo Calvino; con la sua decisa razionalità e senza mai rinunciare ad una spiccata formazione laica, fu uomo che seppe cogliere le novità, non solamente culturali, che il suo tempo seppe offrirgli. Nel 1925 la famiglia Calvino, in seguito alla nomina del padre Mario Calvino come direttore della stazione sperimentale di Floricoltura, torna a San Remo. Qui il giovane Calvino vivrà fino all’età di 20 anni. E proprio questa esperienza e la tradizione familiare lo spingeranno, concluso il liceo, ad intraprendere studi di Agraria .Interrotti gli studi per sottrarsi all’arruolamento forzato, dopo l’8 Settembre del 1943 si unisce ai partigiani della Brigata Garibaldi vivendo così in prima persona l’esperienza della guerra. Nasce in questo contesto la sua prima opera Il sentiero dei nidi di ragno .Nel 1944 chiede di essere introdotto al PCI, partito del quale diviene attivista l’anno successivo. Inizia in questo periodo la sua attività letteraria con la pubblicazione di brevi testi su periodici e riviste. Nel 1947 laureatosi alla facoltà di Lettere di Torino ed entra a far parte della casa editrice Einaudi. Nel 1950 è assunto definitivamente come redattore all’Einaudi .Nel 1951 compie un viaggio nell’allora Unione Sovietica. Nello stesso anno viene pubblicato La strada di San Giovanni. L’anno successivo pubblica Il Visconte Dimezzato suscitando polemiche e reazioni contrastanti .Nel 1956 scrive Fiabe Italiane e successivamente a questo viene pubblicato Il Barone Rampante. In quello stesso anno lascia il partito. Nel 1959 è la volta de Il Cavaliere Inesistente . Nel 1963 pubblica Marcovaldo .Nel 1979 pubblica Se una notte d’Inverno un Viaggiatore, romanzo che ancora una volta denota l’interesse per la caratteristica combinatoria. .Nel 1983 pubblica Palomar, una serie di racconti ricchi di “disillusa amarezza” e l’anno dopo presso Garzanti, pubblica Collezione di Sabbia.Nel 1985 poiché invitato a tenere una serie di lezioni a Cambridge alla Haward University, prepara Lezioni Americane che verranno pubblicate postume nel 1988.Calvino, colpito il 6 Settembre da ictus, muore a Castiglione di Pescaia nella notte fra il 18 e il 19.

Pensiero e poetica

Italo Calvino è forse il narratore più importante del secondo Novecento. Ne ha frequentato tutte le principali tendenze letterarie, dal Neorealismo al Postmoderno, ma sempre restando ad una certa distanza da esse e svolgendo un proprio coerente percorso di ricerca. Di qui l’impressione contraddittoria che offrono la sua opera e la sua personalità: da un lato una grande varietà di atteggiamenti che riflette il vario succedersi degli indirizzi culturali; dall’altro una sostanziale unità determinata da un atteggiamento ispirato al razionalismo, dal gusto dell’ironia, dall’interesse per le scienze e per i tentativi di spiegazione del mondo, nonché da una scrittura sempre cristallina.Proprio in questa varietà e unità va cercato il significato più profondo della vicenda artistica di Calvino: egli ha cercato per tutta la vita una risposta, in termini razionali e morali, al senso di un mondo che gli si è andato rivelando sempre più labirintico e incomprensibile.

Prima fase

La fase propriamente neorealista di Calvino comprende due libri, il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno (1947) e Ultimo viene il corvo (1949)

Il libro d’esordio, Il sentiero dei nidi di ragno, e i racconti scritti negli stessi anni presentano uniti i due aspetti, fantastico e realistico, che poi, negli anni Cinquanta, si divideranno. Nel romanzo Calvino resta lontano da tentazioni ideologiche e propagandistiche, scegliendo come protagonista un ragazzo, Pin, e raccontando le sue disavventure con i tedeschi per aver rubato una pistola ad un soldato. I partigiani di Calvino non sono esemplari, ma arruffoni e privi di coscienza politica. Allo scrittore preme infatti il ritmo felicemente fantastico del racconto più che la propaganda o la documentazione della lotta resistenziale.

Negli anni Cinquanta, pur restando fedele a un impegno etico-politico, Calvino tende ad abbandonare i moduli del Neorealismo e tenta la via dello sperimentalismo: gli elementi costitutivi del primo romanzo si scindono in due filoni, quello fantastico-allegorico e quello sociale volto a una conoscenza critica della realtà italiana dopo la guerra. Nel primo rientrano i tre romanzi brevi Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957), Il cavaliere inesistente (1959), poi riuniti sotto il titolo I nostri antenati. Nel secondo vari racconti lunghi e il romanzo breve La giornata di uno scrutatore (1963). I due filoni si sovrappongono nei racconti Marcovaldo ovvero Le stagioni in città (1963), dove un manovale, Marcovaldo, ha una serie di avventure surreali in una città industrializzata ed estranea, dove la natura è ormai scomparsa. Egli è costretto a misurarsi con la moderna società tecnologica, di cui tuttavia non riesce a comprendere gli assurdi meccanismi.

Il secondo periodo dell’attività letteraria di Calvino prende avvio da due libri di racconti,Le cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967). E’ un periodo di vivo interesse per le teorie scientifiche relative alla nascita e alla costituzione del cosmo, all’origine della vita, alla struttura della materia. Si tratta di un mondo alle origini, precedente la comparsa dell’uomo sulla terra, ma le entità che vi si muovono assumono forme umane e vivono esperienze di vita quotidiana quasi normali. Calvino ambienta le storie nel passato e trasforma il normale in fantastico nell’intento, dichiarato dall’autore, di “vivere anche il quotidiano nei termini più lontani dalla nostra esperienza”. Di qui l’effetto comico denunciato dal titolo e straniante

l sentiero dei nidi di ragno

Italo Calvino

relazione di narrativa di Tinku Poggi

Titolo: ‘Il sentiero dei nidi di ragno’

Autore: Italo Calvino è nato nel 1923 ed è morto nel 1985. La prima opera (romanzo) che scrive è proprio il Sentiero dei nidi di ragno.

Riassunto: Il romanzo inizia descrivendo Pin ed il luogo in cui abita: il Carruggio. Pin è un ragazzo amato e allo stesso tempo odiato da tutti. Si sente troppo grande per stare con i ragazzi della sua età che lo detestano e con cui non va mai d’accordo, ma è troppo piccolo per stare con i grandi che sono così diversi ed incomprensibili con i loro continui cambiamenti di umore ed i loro discorsi a volte così complicati per lui. Siamo verso la fine della seconda guerra mondiale e anche gli uomini del Carruggio si stanno preparando per prendere parte alla Resistenza. Viene imposto a Pin di rubare la pistola del marinaio tedesco che si incontra con sua sorella, ma una volta rubata gli uomini “razza ambigua e traditrice”, come dice lui, sembrano non essere più interessati a quell’oggetto. Pin fugge dall’osteria dove era andato ad incontrarli, ma dopo aver nascosto la pistola viene catturato dai tedeschi.
Il giorno dopo sarà interrogato e messo in prigione. Lì troverà Lupo Rosso che sembra essere l’amico che ha cercato per tanto tempo. Insieme fuggono dalla prigione, ma subito fuori viene abbandonato a se stesso e sarà allora che, girando di notte per la campagna, incontrerà il Cugino. Il Cugino è un uomo appartenente al distretto del Dritto; sono partigiani e lottano contro i tedeschi per la libertà. Pin passa un periodo abbastanza lungo con loro, tra una battaglia e l’altra. Alla fine scoprirà che anche quello non è posto per lui e fuggirà anche da lì e, vagando per la campagna, incontrerà di nuovo il Cugino e sarà allora che si accorgerà che è lui l’amico che ha cercato per tanto tempo.

Personaggi:

Pin è il personaggio principale della storia.
Fin da piccolo ha cercato spazio nel mondo dei grandi pur non capendo il loro strano modo di ragionare, infatti durante la giornata cerca clienti per sua sorella, prostituta conosciuta in tutto il paese come la Nera di Carrugio Lungo. Non gioca con i coetanei, ma al contrario ha sempre cercato la stima degli adulti, che cercava di far ridere cantando canzoni su di cose che lui neanche capisce (come il sesso e la guerra).
Nonostante i suoi dieci anni, Pin ha vissuto esperienze da adulto, infatti lavorava in una bottega come calzolaio e faceva “pubblicità” alla sorella, ma questo non ha cambiato il suo modo di ragionare e di sognare, tipico di un bambino, tanto che non riesce a distinguere il bene dal male a causa della superficialità con cui supera le difficoltà.
Frequenta un’osteria dove si ritrovano gli adulti che con lui parlano molto, ma lo usano per calmare i momenti di tensione con le filastrocche cantate o per scopi personali, come quando gli ordinano di prendere una pistola.
Pin non ripone fiducia in quelle persone così diverse da lui, infatti non dirà a nessuno di loro il suo posto magico e segreto il sentiero dove fanno il nido i ragni.


CUGINO : Il bambino protagonista conosce quest’uomo quando scappa nei boschi dopo essere stato in prigione. È un uomo possente, alto, curvo su sé stesso, con i baffi, vestito sempre con una mantellina e un berretto di lana. È un partigiano, ma di quelli che credono in quello che fanno e che sanno perché fanno la guerra: perché vogliono la libertà. È un misogino, infatti odia le donne, al punto da pensare che loro abbiano voluto il conflitto. Questa sua convinzione è dovuta ai frequenti tradimenti che la moglie gli faceva quando lui era in guerra.
È questo personaggio a condurre Pin nel distaccamento del Diritto, dove lo conosce meglio e sarà poi lui a diventare l’Amico.
Quest’uomo possente nasconde in sé una dolcezza e una semplicità di sentimenti che lo portano ad essere un grande-piccolo, ma fermo negli ideali, proprio la persona che Pin il bambino-vecchio, stava cercando. Infatti il cugino pare non voler fare parte del mondo dei grandi con donne, guerra, sembra che abbia ancora la voglia di ascoltare con interesse un bambino.


KIM : il romanzo è dedicato a lui. È un personaggio che cerca e vuole certezze. Crede in quello che fa ed è il capo dei partigiani. Appare tardi sulla scena, infatti arriva la notte prima della battaglia e porta dentro la freddezza della guerra il bisogno di riflettere sulle motivazioni profonde che animano partigiani e repubblichini. Sa che c'è bisogno di certezze, ma non può rinunciare alle domande, soprattutto a quelli più radicali.


LUPO ROSSO : è il primo fra i partigiani che incontra Pin. Il suo nome di battaglia fa già capire i suoi ideali tipicamente comunisti. Ha sedici anni, è grande e grosso, con la faccia gonfia e livida e porta sempre un berretto alla russa.
È un ragazzo introverso con ideali molto sicuri in cui crede fermamente. Possiede molta fama fra i partigiani e sono tanti a stimarlo per le sue azioni di guerra. Scappa dalla prigione con Pin per vedere con lui il posto magico del bambino, ma durante il tragitto si perdono e si separano. Si rincontrano poi durante la guerra, nonostante siano in due distaccamenti differenti.
E’ per Pin una persona da cui attingere forza e coraggio, poiché Lupo Rosso sarà uno dei pochi esempi di coerenza e di fermezza che incontrerà sul suo cammino


IL DRITTO : è il comandante del gruppo partigiano di cui fa parte Cugino. Per tutta la durata del libro rimane un comandante forte, che sa guidare i suoi uomini in battaglia e sa farsi rispettare da loro, fino a quando per via dell’amore che prova per la Giglia, la moglie di Mancino, non brucia tutto il capanno in cui risiedeva tutta la brigata. Questo gesto di incapacità attira i tedeschi nel luogo in cui erano nascoste tutte le brigate e lo porterà ad essere fucilato alla fine del libro.

Spazio e Tempo: Il romanzo è ambientato sulle colline liguri dove si svolsero le guerre tra partigiani e tedeschi e in un paese sul mare che richiama immediatamente Sanremo, il paese natale d'origine della famiglia di Italo Calvino.
Lo spazio è esterno per le azioni di guerra, mentre lo spazio interno si identifica nella sede del distaccamento partigiano. Importante è anche l'episodio della detenzione di Pin in carcere.
La vicenda si svolge durante la Seconda Guerra mondiale.

Stile: Il testo è molto scorrevole e i dialoghi sono scritti con un linguaggio quotidiano. C’è una particolare attenzione alla descrizione dei personaggi principale e dei luoghi dove si svolgono le azioni di guerra.

Narratore: Il narratore è onnisciente, nonostante il libro sia narrato in terza persona. Il suo scopo è quello di cercare di raccontare e descrivere i fatti dal punto di visti delle persone di basso rango, ovvero da chi non può nulla contro i conflitti eppure è costretto a prendervi parte, in questo caso questa persona è Pin.

Tematiche: La tematica principale di questo libro è la ‘Guerra’. Poi si parla anche di prostituzione, organizzazioni partigiane, fascismo…….

Commento: La parte iniziale del libro non mi è piaciuta perché a ritmi molti lenti, ma piano piano la storia segue un ritmo sempre più incalzante e riesce coinvolgerti completamente nella lettura. Il libro è abbastanza difficile da comprendere perché utilizza un linguaggio dialettico e non sempre lineare e parla di tematiche molto difficili di comprensione, ma sono riuscito a capire tutto anche se con qualche difficoltà e mi ha fatto riflettere molto.

martedì 26 aprile 2011

sintesi ultimi argomenti di storia

L’ITALIA ALLA FINE DEL MEDIOEVO

Durante il Trecento lo scontro tra guelfi e ghibellini era stato particolarmente violento a Firenze. Una nuova frattura si era creata con la nascita di opposti partiti: i guelfi neri e i guelfi bianchi. I primi appoggiati dal papa e appartenenti all’alta borghesia mercantile ( Arti maggiori) , i secondi sostenuti dall’imperatore e rappresentanti della borghesia minore ( Arti minori) . Le tensioni sociali scoppiarono nel 1378 con la rivolta dei ciompi ( i lavoratori della lana) . All’inizio del 1400 Firenze estese il suo dominio sul territorio vicino( Livorno e Pisa ) e divenne la capitale di uno stato regionale governata da un Signore: Cosimo il Vecchio dei Medici.

Lo stato pontificio attraversò durante il 1300 una grave crisi: ricordiamo che nel 1309 la sede del papato era stata trasferita ad Avignone, il governo della città era conteso tra le famiglie Colonna e Orsini. In questa situazione emerse l’esperienza di Cola di Rienzo che nel 1347 fondò la Repubblica romana per contrastare il potere delle famiglie ( aderì anche Francesco Petrarca) . Ma il tentativo di Cola falli. Nel 1377 Gregorio XI riportò la sede del papato a Roma.

Napoli .

Alla morte di Roberto D’Angiò nel 1343 il potere passò alla nipote Giovanna che sposò Andrea il fratello del re di Polonia . Ma Andrea nel 1345 venne assassinato e il fratello di Andrea scese a Napoli per vendicare il delitto. Il conflitto si acutizzo quando salì al trono nel 1414 Giovanna II Questo conflitto permise agli Aragonesi ( spagnoli che già governavano la Sicilia ) di approfittare della situazione per impadronirsi del Regno di Napoli . Infatti Alfonso D’Aragona si alleò con Filippo Maria Visconti e riuscì nel 1443 a riunificate la corona di Napoli e Sicilia.

Quattrocento

A metà del 1400 l’Italia era divisa in stati regionali .

Milano : alla morte di Filippo Maria (1447) il potere passo nelle mani di Francesco Sforza che aveva sposato la figlia di Filippo Maria. Francesco Sforza riaprirà le ostilità contro Venezia: seguirà un periodo di conflitti. La notizia che i Turchi avevano conquistato Costantinopoli nel 1453 impose una tregua: la pace di Lodi 1454. Per mantenere la pace Lorenzo il Magnifico della famiglia dei Medici ( nipote di Cosimo il vecchio) di Firenze svolse il ruolo di “ ago della bilancia”.

Ma la morte di Lorenzo nel 1492 determinò il crollo del sistema di equilibrio: il re di Francia Carlo VIII approfittò della debolezza politica della penisola italiana e scese in Italia occupando il regno di Napoli.

STATO MODERNO

Tra il 1500 e il 1600 in Europa nascono le monarchie nazionali. Il primo tratto distintivo delle monarchie moderne è l’unificazione nazionale, il secondo è l’esercizio unico della sovranità , il terzo è la creazione di un esercito nazionale permanente , il quarto la presenza di un sistema fiscale e di un apparato burocratico.

Il più autorevole scrittore che ha fondato “l’arte politica” è Niccolò Machiavelli ( 1469- 1527). Egli definì i compiti della politica che secondo il suo giudizio coincidevano con la ricerca dei mezzi idonei alla fondazione e conservazione dello stato. L’autore sosteneva l’autonomia della politica dall’etica.

L’Italia nel 1500

La discesa di Carlo VIII in Italia produsse molte conseguenze:

  1. La caduta dei Medici: con il tentativo di Gerolamo Savonarola nel 1497 che creò una repubblica antipapale , Savonarola fu sconfitto e mandato al rogo nel 1498
  2. la conquista da parte del figlio di Carlo VIII - ossia Luigi XII - di Milano
  3. il trattato di Lione che ridiede il regno di Napoli agli spagnoli.
  4. innumerevoli conflitti tra Francia e Venezia, dopo 16 anni di conflitti il successore di Luigi XII ossia Francesco I di Volois firmò la pace di Noyon con Carlo d’Asburgo re di Spagna : la Francia ebbe il controllo di Milano e agli spagnoli fu riconosciuto il dominio su Napoli.

La Riforma protestante

La Riforma protestante è il nome dato al movimento religioso che ha interessato la Chiesa cattolica nel XVI secolo e che ha portato alla nascita del protestantesimo.
L'origine del movimento è da attribuire al monaco agostiniano Martin Lutero, ma altri protagonisti importanti furono Giovanni Calvino, Ulrico Zwingli,
La causa occasionale fu la polemica sorta a seguito delle 95 tesi di Lutero pubblicate contro la vendita delle indulgenze in Germania e in altre parti d'Europa nel 1517 .
Tra le cause maggiori vi fu la posizione di Lutero rispetto all'organizzazione ecclesiastica nella diffusione della parola di Dio: le messe all'epoca erano celebrate in latino ed era difficile poter leggere direttamente la Bibbia dato che questa non era tradotta nella lingua volgare (esistevano tuttavia già traduzioni in tedesco, in italiano, in francese ecc, ma non usate nella liturgia) e quindi solo poche persone dotte potevano accostarsi alla lettura delle sacre scritture. Lutero era invece favorevole ad un diretto avvicinamento di tutti i fedeli alla Bibbia, tradusse la Bibbia in tedesco e, grazie alla precedente invenzione della stampa, ne curò l'edizione in molte copie per la successiva diffusione in Germania.
Di fronte alle critiche di Lutero, la reazione papale era inevitabile e si manifestò definitivamente nel giugno del 1520 con la Bolla Exsurge Domine, con cui il pontefice Leone X condannava le idee del monaco ordinando che i suoi scritti fossero gettati al rogo e che in 2 mesi avrebbe dovuto abiurare.
Nel dicembre dello stesso anno, Martin Lutero bruciò in pubblico la bolla papale manifestando apertamente la volontà di una rottura definitiva. Quel gesto, inoltre, destò un enorme scalpore.
L’imperatore Carlo V impose quindi al monaco di comparire dinanzi alla Dieta imperiale che fu convocata a Worms nel 1521. In quella occasione fu nuovamente chiesto a Lutero di sconfessare pubblicamente le sue idee, ma egli naturalmente rifiutò.
Con il consenso di una parte della Dieta l’imperatore pronunciò una solenne condanna con cui bandì Lutero facendolo diventare un fuorilegge e un nemico pubblico; chiunque poteva ucciderlo, senza andare incontro a dei problemi con le autorità dl tempo.
Lo salvò la protezione di Federico Guglielmo il Saggio che lo nascose dove Lutero si dedicò alla traduzione della Bibbia in tedesco.

La controriforma

La Controriforma indica il periodo compreso tra la fine del Concilio di Trento (1563) e l'inizio del '600 caratterizzato dalla reazione della Chiesa cattolica nei confronti della riforma protestante.
il Concilio di Trento (1545-1563) stabilì:
-l'interpretazione delle Scritture doveva essere affidata solo al clero
-importanti le opere dell'uomo per raggiungere la salvezza
-la validità dei 7 sacramenti, il latino lingua ufficiale
-viene affermato il potere gerarchico nella Chiesa e del Papa
-la stampa venne sottoposta a controlli e censure, vennero istituiti i Tribunali dell'Inquisizione

Capitolo 23 L’età di Carlo V

Carlo V d’Asburgo per un complicato intreccio dinastico vede riunirsi nelle sue mani i regni spagnoli i possedimenti austriaci e l’area tedesca. Nel 1519 divenne imperatore e perseguì i seguenti obiettivi:

  1. ridimensionamento del potere della Francia
  2. controllo dell’Italia
  3. contrasto dell’espansionismo turco
  4. lotta contro principi tedeschi che non accettavano il suo potere
  5. pacificazione religiosa

1. 2 Nel 1520 l’esercito di Carlo V intraprese una guerra contro la Francia di Francesco I per il controllo dell’Italia. La guerra ebbe diverse fasi e diverse alleanze ( Francia e Papato) . Dopo un terribile assedio Roma fu sottoposta nel 1527 ad inaudite violenze, nel 1529 fu firmata la pace di Cambrai che stabiliva il possesso di Milano a Carlo V

3. I turchi nel 1529 misero sotto assedio Vienna, ma nonostante alcune vittorie Carlo V non riuscì a ricacciare i Turchi oltre il Mediterraneo.

4. La volontà di indipendenza dei principi tedeschi preoccupava Carlo V , la Francia appoggiò il malcontento dei principi , nonostante alcune vittorie Carlo V non riuscì a sedare l’opposizione dei principi, e fu costretto a firmare la pace di Augusta nel 1555 che riconobbe la diversità religiosa all’interno del suo regno ( Carlo V era cattolico)

Nel 1556 Carlo V abdicò a favore del figlio Filippo ( che ebbe la Spagna, l’Italia, i Paesi Bassi e i possedimenti in America) al fratello di Carlo V ossia Ferdinando andarono: la corona imperiale, l’Austria Boemia e Ungheria.

La lotta tra la Francia e gli Asburgo continuò: Filippo e Enrico II ( re di Francia) si opposero nuovamente la pace di Cateau- Cambresis nel 1559 ( suggellata da un matrimonio tra Filippo e la figlia di Enrico II) stabili l’egemonia spagnola sull’Italia

LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA

Nella seconda metà del 500 , la Francia fu scossa dal violento scontro religioso e da una dura crisi politica. Alla morte di Enrico II, 1559 la reggenza passò nelle mani della moglie Caterina dei Medici dopo numerosi e violenti conflitti ( da ricordare la notte di san Bartolomeo 24 agosto 1572) il potere passo nelle mani di Enrico III. Il re cercò di mantenere un equilibrio tra le diverse fazioni : gli ugonotti ( ossia i protestanti) e i cattolici. Dopo l’assassinio di Enrico III 1589 , il trono passò ad Enrico IV di Borbone che pur essendo protestante si convertì e con l’editto Di Nantes nel 1598 ristabilì la pace interna stabilendo il cattolicesimo come religione di stato. Ma nel 1610 Enrico IV fu pugnalato a morte.

La guerra dei Trent’anni

Dal 1618 al 1648 si svolse l’ultima guerra di religione tra cattolici e protestanti. Dopo 30 anni di sanguinose guerre che vide protagonisti: gli Asburgo, , la Spagna, gli stati tedeschi protestanti . la guerra si concluse con la pace di Vestfalia:

1. con la sconfitta degli Asburgo ( cattolici)

2. autonomia dei principi tedeschi

3. libertà di culto

L’Inghilterra tra 1500 e 1600 LE RIVOLUZIONI INGLESI

Enrico VIII Tudor re d’Inghilterra nel 1534 emanò l’Atto di supremazia con cui si proclamo capo della chiesa d’Inghilterra. Alla morte di Enrico VIII e il breve regno di Edoardo Vi, la corona inglese passò a Maria la cattolica che perseguì i protestanti. Alla morte di Maria nel 1558 salì sul trono la sorellastra Elisabetta I che indirizzo nuovamente il paese verso il protestantesimo. I complotti costrinsero Elisabetta a mettere a morte la regina di Scozia Maria Stuard ( cattolica) . Per vendicare la morte di Maria , la Spagna attaccò l’Inghilterra, ma gli inglesi riusciranno a resistere. Nel 1603 alla morte di Elisabetta il trono passo a Giacomo figlio di Maria Stuard .

Nel corso del 1600 l’Inghilterra fu teatro di aspri conflitti. La società inglese vedeva al vertice della gerarchia gli aristocratici (alta nobiltà), la gentry ( media e bassa nobiltà ), contadini proprietari, fittavoli ecc

Giacomo I Stuard unificò sotto la sua corona l’Inghilterra e la Scozia, a livello politico il suo programma era assolutistico e questo determinò scontri con il Parlamento , sul piano religioso diede impulso alla chiesa anglicana. Ma Giacomo si scontrò con i puritani che dichiaravano di professare la pura religione cristiana.

Alla morte di Giacomo nel 1625 salì al trono il figlio Carlo I che creò il consiglio della Corona per esautorare il Parlamento. Il Parlamento per reazione nel 1628 votò la Petition of Rights in difesa del proprio ruolo. Il re reagì impedendo la convocazione del Parlamento ( dal 1629 al 1640).

Nel 1638 Carlo I cercò di sottomettere la chiesa scozzese a quella anglicana, ma la scozia reagì , per ottenere finanziamenti per organizzare un esercito contro i rivoltosi scozzesi, Carlo I convocò il Parlamento nel 1640 , ma il Parlamento non appoggio le sue richieste e Carlo I lo sciolse. Ma l’esigenza di finanziamenti indussero il re a riconvocare l’assemblea: appena riconvocata l’assemblea voto l’abolizione delle imposte delle città marittime, la chiusura dei tribunali speciali il diritto di veto sulle nomine. Il Parlamento si trasformò nel cuore dell’opposizione alla monarchia. Nel 1642 Carlo cercò di far arrestare i parlamentari, ma il tentativo falli: il re fu costretto a fuggire aprendo così la fase della guerra civile ( Prima rivoluzione inglese). L’esercito parlamentare era guidato da Oliver Cromwell che sconfisse più volte l’esercito regio. Il re si arrese e l’Inghilterra fu scossa da conflitti tra moderati e repubblicani. Carlo tentò di riaccendere il conflitto , ma fu condannato a morte per alto tradimento. Dopo la morte di Carlo, L’Inghilterra divenne una repubblica dominata dalla figura i Cromwell che governò con un accentuato autoritarismo. Dal 1653 assunse la carica di lord protettore creando una dittatura personale. Alla morte di Cromwell si elesse nel 1660 Carlo II ( figlio di Carlo I giustiziato) solo dopo aver riconosciuto l’autorità del Parlamento. Negli ultimi anni del regno di Carlo II e del successore Giacomo II ( papista) i rapporti tra la corona e il Parlamento si fecero nuovamente tesi: per cacciare Giacomo II gli inglesi chiesero aiuto al re protestante olandese Guglielmo d’Orange. Guglielmo intervenne nel conflitto sposò la figlia di Giacomo II e nel 1689 divenne re d’Inghilterra.

I rapporti tra Corona e Parlamento vennero sanciti dalla DICHIARAZIONE DEI DIRITTII BIL OF RIGHTS 1689: L’INGHILTERRA DOPO LE GLORIOSE GIORNATE DIVENIVA UNA MONARCHIA COSTITUZIONALE.

LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

Il periodo di tempo che va dalla seconda metà del ‘500 (1543) alla fine del ‘600 (1687) è caratterizzato da un possente movimento di idee che viene indicato come rivoluzione scientifica. Trainante in questo processo di idee è certamente quella “rivoluzione astronomica” che ha in Copernico, Keplero e Galileo i suoi più prestigiosi rappresentanti (che confluirà nella fisica classica di Newton). Si assiste quindi al mutamento:

- mutamento dell’immagine del mondo e dell’uomo. Vengono abbattuti i pilastri della cosmologia aristotelico - tolemaica, Copernico mette il sole invece della terra al centro del mondo, la terra è un corpo celeste come gli altri. Spostando la terra dal centro dell’Universo, Copernico mutò anche il posto dell’uomo nel cosmo. La rivoluzione astronomica comportò anche una rivoluzione filosofica.

- muta l’immagine dell’uomo e muta progressivamente anche l’immagine della scienza. Si tratta di un processo complesso che porta alla fondazione galileiana del metodo scientifico e quindi alla autonomia della scienza dalla fede e dalle concezioni filosofiche.

- il tratto caratteristico della scienza moderna è dato dal metodo ed è grazie al metodo sperimentale che la scienza trova la sua autonomia trovando le sue verità indipendentemente dalla filosofia e dalla fede (tale indipendenza non tarda a trasformarsi in scontro vedi il caso Galilei).

- la scienza punta alla qualità delle cose e degli eventi oggettivamente , e quindi pubblicamente, controllabili e quantificabili.

- La scienza moderna (autonoma dalla fede, pubblica nei controlli, regolata da un metodo, correggibile e in progresso) è l’esito di un lungo e tortuoso processo in cui si intrecciano la mistica neoplatonica, la tradizione ermetica, la magia, l’alchimia e l’astrologia.